giovedì 17 luglio 2008

ODIARE LA PASSIONE (BICICLETTE TRUCCATE)

Che del ciclismo non ci si possa più fidare, è noto da parecchi anni. Ed è triste seguire con sprezzante distacco manifestazioni sportive del calibro del Tour de France. Ma è inevitabile. Gli organi di informazione ci bombardano, dall’anno in cui beccarono Pantani, di notizie di squalifiche per doping clamorose. Gli ultimi tre Tour sono stati solo cronaca giudiziaria. Non se ne può più. E oggi, l’astro nascente Riccò, pochi giorni dopo essere stato paragonato al Pirata, viene squalificato per una pisciata maleodorante di Epo di terza generazione. Ogni anno lo sconforto peggiora. E sembra sempre di aver toccato il fondo. Ma il peggio non arriva mai.
La riflessione, però, spontanea è questa. Ed è anche molto banale. Ma di fronte a queste noiose cronache è lecito chiedersi quanto segue. Tutto il mondo sa che chi si dopa, prima o poi viene scoperto. E dunque, cosa spinge a farlo? Io sono arrivato a concludere che il ciclismo sia lo sport che più di tutti spinge l’uomo oltre i propri limiti. Da sempre, io credo che si sia abusato, con sostanze sempre diverse e più sofisticate, di doping per poter non solo riuscire a compiere lo sforzo richiesto con meno fatica, ma addirittura per poter anche soltanto riuscire a terminare la gara, giungendo anche ultimo. Se ipotizziamo il primo dopato della storia, deduciamo che gli avversari abbiano preso spunto dall’iniziativa. Anno dopo anno, l’ambiente si è dovuto uniformare. Il messaggio che mi arriva dalle notizie sul ciclismo è che, se non tutti, il 90% degli atleti sia oggi un consumatore di doping. E la rabbia è manifesta in me. Perché se nessuno fosse dopato, le gare, probabilmente, terminerebbero con gli stessi risultati. Perché se un atleta di medie capacità si dopa, diventa forte e può battere i migliori. Ma se anche i migliori si dopano, vincono comunque. E, quindi, il più spompato dei ciclisti, dopato fino agli occhi, non potrà nulla né contro i medi nè contro i campioni in ogni caso.
Inoltre, il ribrezzo mi viene anche dalle dichiarazioni di chi frequenta da vicino questo mondo. Ad esempio, la sorella di Riccò ha dichiarato a repubblica.it: “Se uno va forte ed è esuberante come mio fratello Riccardo, prima o poi trovano il modo di farlo fuori. E' stato così anche per Marco Pantani". E poi ancora: "Tutti sanno che già due volte era finito sui giornali per l'ematocrito, salvo poi rivelarsi un valore naturalmente alto per il suo fisico". Ma di cosa parliamo? Perché ogni volta si cerca di negare la realtà in modo così orribile? Perché i più grandi campioni dovrebbero essere denigrati in questo modo dagli stessi che hanno l’interesse di gestire una manifestazione in modo positivo? Perché solo nel ciclismo, ogni volta che accade una situazione del genere si urla al complotto? E poi chiudo; non sono medico, anzi, sono parecchio ignorante a riguardo. L’ematocrito può essere fuori norma. Ma se parliamo di eritropoietina nel sangue, come si può travisare un così triste argomento?
Spero di sbagliarmi. Ma temo che Pechino non porterà sorrisi.

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