martedì 15 luglio 2008

FIAMMA NEL VUOTO

Ipotizziamo un innamoramento. L’innamorato è soggetto. L’adorabile è l’oggetto. Mettiamo il caso che la scintilla scocchi e non incendi perché il luogo è privo d’ossigeno. Il soggetto impatta nell’accelerazione. L’oggetto non ha la possibilità di udire nemmeno lontanamente lo scoppio. Ma il soggetto che s’arresta nell’esplodere si annulla. Di fatto non esiste. Né in sé ne per l’altro. Dunque il soggetto implode e l’energia è inutile come un sole nascosto.
Tradotto in esempio pratico. Il soggetto si costringe a trattenere nel corpo le frementi vibrazioni che vorrebbe tradurre in azioni non necessariamente erotiche; ha da contenere anche l’intenzione – o meglio il desiderio straripante – di comunicare all’adorabile per mezzo delle parole il proprio ardire. Ma perché deve adottare questa costrizione? Qui bisogna sortire dalle metafore. L’adorabile è legata ad un altro soggetto. E per dirla in modo volgare l’altro soggetto è un amico del soggetto di partenza. Detto questo, ecco spiegata la natura del luogo privo d’ossigeno. La situazione è complessa ma solo in apparenza. Di fatto il tutto è un pendolo immobile. Un ossimoro persecutore del sonno.
Come soluzione rimane solo l’immaginazione. L’arte. La poesia. Perché l’energia che si annulla è un punto sulla retta. Il nulla che è parte del tutto. Ma queste sono materie scientifiche. Se siamo uomini la speranza che il nostro pensiero giunga dove si vuole che venga indirizzato non può essere un grande nulla di fatto. E chi può sapere se scrivere fortemente a qualcuno sia realmente un grido immaginato nella sua anima?

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